OLTRE

Sofia osservava la gente e la trovava spenta. Lei era andata oltre aveva voluto capire, provare, vivisezionare la vita, come uno scienziato togliere il velo dell’ignoranza, andare giù con il coltello fino all’anima sua e degli altri. Che lungo viaggio era stato o forse era solo l’inizio? Conosci te stessa! Guardati! Qualsiasi cosa pur di non fermarsi ad ascoltare i pensieri. Quanti lunghi anni c’erano voluti per togliere tutto il fango accumulato e tornare ad essere un animale libero dai pregiudizi, come da bambina, ma consapevole come un’adulta. Famiglia, società, religione, scuola, uomini, ognuno aveva detto a Sofia come doveva essere e lei aveva disperatamente lottato per non farsi divorare e spegnere, perché questo era il destino: annullarsi . Sono sfuggita all’ordine costituito: pensava e nessuno l’avrebbe più fermata.
Era cresciuta in un piccolo paese, in una famiglia di donne, il padre morto quando lei aveva solo tre anni, non aveva fatto in tempo ad operare quella repressione sessuale così crudele, ma necessaria alla società che solo gli uomini sono capaci di perpetrare nei confronti delle donne, figlie, mogli o altro che sia .
Il suo spirito animale era sopravvissuto e aveva scorazzato per la campagna in un infanzia curiosa e libera. Un tutt’uno con il cosmo lei e l’universo. E così aveva sperimentato: osservato gli animali accoppiarsi e disperatamente cercato di imitarli; costruito case sugli alberi e giocato alla vita con i suoi piccoli amici d’infanzia.
Le tornava in mente quella volta che in una rimessa aveva spalmato di grasso il corpo di una compagna di giochi figlia di contadini, lei che veniva dal paese per passare le vacanze dai nonni e il piacere immenso di essere nude lì sotto il trattore. E quella in cui aveva spiato di nascosto lo zio mentre faceva pipì dietro un pagliaio. Il primo fallo adulto che si ricordava. Non che si ponesse il problema, faceva pipì e questo era tutto. I bambini non pensano al sesso, che falsità! Che enorme pregiudizio! Noi bambini non pensavamo ad altro, ricordava, ogni occasione era buona per toccarci, per curiosare, senza morbosità, con naturalezza, come mangiare, dormire, respirare, senza la concezione del bene e nel male. Che fosse quello il Paradiso? Sofia pensava di sì. Lei nel Paradiso c’era stata ed aveva amato tutti:animali, piante, essere umani ed era stata amata.
Una volta aveva piovuto e nella terra si erano formate delle pozzanghere grandi come piccoli laghi, Sofia si era spogliata nuda e si era buttata così nell’acqua con la pioggia che le bagnava il corpo piccolo e gracile e un’anima immensa come l’universo gridando agli dei la felicità di essere viva.
La casa di campagna della nonna materna le era rimasta negli occhi. La raggiungeva a piedi dal paese che distava 5 Km per una strada di campagna sola, senza paura, attraversando vigneti, casolari e il passaggio obbligato in cui i maschi delle oche stazionavano rincorrendola con i loro becchi agguerriti urlando e starnazzando per il territorio violato. Che fughe tutte le volte!
Lungo il percorso si fermava, quando era il tempo, a mangiare l’uva , frutto divino che adorava, come adorava la pianta dei fichi o il ciliegio dei campi che lo zio materno coltivava e su cui si arrampicava stando delle ore a rimpinzarsi fino a star male. Diventava la pianta su cui saliva. Il fico soprattutto che delle formiche le contendevano: “Ce n’è per tutti “ diceva all’esercito rosso.
La casa con la cucina immensa e un grande focolare nero con le panche per sedersi e ascoltare le storie dei grandi nelle notti d’inverno, mentre il fuoco guizzava e le gambe si arrossavano formando una strana geometria di figure. E il tavolo lungo , le cassapanche, i salami appesi al soffitto , la madia per il pane , la “vetrina” con le cose più preziose, le figure dei santi alle pareti: Santa Lucia con gli occhi in mano , gli odori stantii e forti di antico. La stanza della dispensa di cui lo zio custodiva la chiave con i prosciutti appesi e le riserve. Le camere con i letti di ferro e le pesanti coltri e gli arazzi alle pareti e i cassettoni chiusi a chiave pieni di ricordi , biancheria ricamata, gioielli antichi: pegni d’amore e di quell’uva secca dolcissima che la nonna custodiva in un sacchetto bianco, premio ogni tanto di una donna altrettanto dolce e silenziosa, come era silenziosa anche la madre di Sofia e lo zio, vedovo da sempre, gente silenziosa, passata in silenzio nella vita.
Sofia li osservava vivere. E la loro vita scorreva come l’acqua del fosso davanti alla casa che nei giorni di pioggia si trasformava in un torrente che agli occhi della piccola sembrava un fiume minaccioso pronto a ghermire la casa.
Sofia era curiosa, non si accontentava di osservare, lei sperimentava, lei viveva.

OLTREultima modifica: 2003-07-08T00:16:19+02:00da sofia3000
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2 pensieri su “OLTRE

  1. Questo dopotutto è il pezzo maggiormente panteistico e panenteistico che mi sia capitato di leggere ultimamente. Sora terra e frate sole.

  2. Osservando, sperimentando e vivendo Sofia è cresciuta. Chi è Sofia oggi e cosa vedono i suoi occhi adesso? Grazie per avermi dissetato. Ciao zingara a presto!

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